La Mattoniera di Falvaterra

La Mattoniera di Falvaterra

La fabbrica di mattoni, la cosiddetta "Mattoniera"

E' stata la prima realtà industriale di Falvaterra. Situata lungo la strada provinciale, nel tratto sopra al cimitero, iniziò la sua attività subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. La produzione consisteva in mattoni di cemento per pavimenti esterni e interni, di varie dimensioni e lavorazioni. Tale industria impiegava più di 100 persone, di ogni età e sesso e quasi tutte le famiglie di Falvaterra avevano almeno un componente a lavorare in tale industria che rappresentava anche un luogo di socializzazione. Infatti, la mobilità delle persone non era ancora sviluppata in tale periodo e, quindi, forniva la possibilità di conoscere e frequentare giovani di altre contrade del paese distanti tra loro. Infatti, alcuni giovani di Falvaterra si sposarono dopo essersi conosciuti alla mattoniera. 

Non esistendo in quel periodo molte alternative di lavoro, la mattoniera rappresentava una risorsa molto importante nel contesto rurale locale, per chi desiderava un'attività alternativa all'agricoltura. Infatti, la maggior parte dei lavoratori proveniva dalla campagna, per la facilità con cui vi si reperiva manodopera a basso costo, il tipo di lavoro non specializzato che si richiedeva, l'ubicazione ai bordi del centro urbano del paese e la stagionalità dell'occupazione. Tali condizioni hanno favorito la graduale transizione del lavoro dall'agricoltura all'industria. Questa transizione veniva favorita dalla richiesta di mansioni semplici: venivano incaricati di trasportare la sabbia, il cemento e le forme o di eseguire lavori ripetitivi alle macchine. Solo in un secondo momento venivano loro affidate mansioni più impegnative, come quelle di marmista o capo reparto. 

Tutti i lavoratori raggiungevano il posto di lavoro a piedi o, i più fortunati, in bicicletta. Per produrre ogni mattone si usavano delle forme singole che venivano riempite a metà di un primo composto cementizio, sul quale veniva poi applicato un secondo strato con diversa proporzione di sabbia di mare, cemento e pietra colorata. In particolare, la pietra colorata era la "pietra rosa" raccolta da Pasquale Gasbarro (detto "Cicchetta") sulle montagne locali e trasportate con l'asino alla mattoniera. Ogni mattone veniva poi passato alla pressa idraulica e quindi messo ad asciugare.

L'asciugatura era breve (meno di una giornata) perché venivano utilizzati composti cementizi contenenti poca acqua. Una volta asciugati, i mattoni venivano passati, uno alla volta, alla macchina levigatrice:

Quest'operazione era delicata, perché si rischiava di graffiare il prodotto. Ogni lavoratore era tenuto a produrre esattamente 625 mattoni al giorno: chi finiva prima del tempo vedeva la sua produzione sottoposta a controllo di qualità. La paga veniva corrisposta settimanalmente, ma mai completamente: si trattava di anticipi. Poteva succedere che i lavoratori non ricevevano mai il saldo e, a causa delle precarie condizioni economiche del Paese e di una scarsa coscienza sindacale, non c'erano particolari proteste né rinunce al lavoro. La giornata lavorativa era di otto ore, da aprile a ottobre, dal lunedì al sabato, perché la domenica, cosa che allora non avveniva in tutte le altre realtà industriali, gli operai facevano festa. Solo alcuni erano necessariamente in servizio, a turno, anche la domenica per preparare gli stampi e accatastare i mattoni essiccati. Gli stampatori a mano, che lavoravano a cottimo, e i Carriolanti seguivano orari diversi. La paga veniva considerata generalmente sufficiente dai lavoratori e raramente si ottenevano gratifiche aggiuntive. 

Numerose le testimonianze delle persone che hanno lavorato alla mattoniera che hanno raccontato anche operazioni di dubbia legalità riguardante l'approvvigionamento della sabbia di mare necessaria alla produzione del secondo strato di ogni mattone. Tale sabbia proveniva dalla spiaggia di Serapo a Gaeta e trasportata con un camion (un vecchio Citroën con grandi parafanghi) che con 4-5 operai raggiungeva la spiaggia di notte, veniva caricato di sabbia, e ripartiva per Falvaterra. Alcuni operai dovevano effettuare il viaggio sui parafanghi anteriori per evitare il ribaltamento all'indietro del camion nei tratti di salita più forte, come ad esempio nei dintorni di Itri. La produzione era destinata principalmente alla ricostruzione della città di Cassino. 

La mattoniera era di proprietà dei fratelli Ferranti di Frosinone. Le mansioni di direttore venivano svolte da Augusto De Angelis, un colonnello dell'esercito in pensione. Le attività della mattoniera cessarono verso la fine degli anni '50 e, grazie al successivo sviluppo industriale degli anni '60, aprirono altre realtà industriali che consentirono occupazioni lavorative più qualificate, ambienti e trattamenti economici più decorosi grazie allo sviluppo di una coscienza sindacale dei lavoratori. Oggi l'edificio della mattoniera non esiste più e rimane solo nel ricordo delle persone anziane che ci hanno lavorato e nella memoria dei loro racconti. 

 Associazione Culturale Fabrateria

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